Sanja era lì da un mese. Racchiusa in un bozzolo di letto, al grigio un po' buio sparso dalle quattro pareti.In alto una finestra smilza,come un quadro tra i pochi quadri,vecchie foto appese con l'attaccapanni e una corda per il bucato.
Era stata la guerra, anzi, era la guerra ad aver deciso che l'infanzia di Sanja si fermava lì. Quando il fratello e la nonna l'avevano raccolta dietro la casa, nell'orto dell'insalata ormai intirizzita e dei giochi rimasti,la pensavano addormentata. Così composta nell'abito a puntini gialli e la mano vicino alla fronte. C'era stato un tuono forte subito prima,uno squarcio d'aria. Non proprio nuovo,da due anni ce n'erano.Ma potente,sì, una specie di terremoto di un istante.
Una mina lì vicina, forse mossa da un animale, non l'unica in quei due anni. Aveva trasformato un sasso piccolo e affusolato in un proiettile che radendo il campo e il muretto aveva infine incrociato la tempia di Sanja. Quella poggiata tra i fiori ritardatari e che aveva lasciato le dita rosse ad Aleksa quando l'aveva sollevata dicendo "Che c'è, che c'è?"
Era un mese fa, tra l'autunno e l'inverno, in quel cielo dell'anno frizzante e terso,nostalgia d'estate e avviso di Natale.All'ospedale avevano bisbigliato che la mente di Sanja se n'era andata. Nessun risveglio, nè macchine a ronzare, nè posti letto in più.Brande dappertutto, e andirivieni chiassoso di ordini e lamenti.Torna a casa Sanja, e finchè dura dormi lì.
Aleksa aveva interrotto, per forza come tutti gli altri,l'ultimo anno di scuola superiore,e leggeva,leggeva molto da sempre.Anche adesso,senza i libri della biblioteca,recuperava pezzi di giornale dai camion dei soldati,e vi si sprofondava.Che malattia, diceva il padre. E tra tutte quelle cose che leggeva di viaggi, pittori,scoperte, musica e filosofie, si ricordò Aleksa,che aveva trovato di un bambino curato con le carezze.I genitori, la gente, laggiù in capo al mondo, volevano svegliare il bimbo lisciandolo sulle mani e sul viso, le palpebre e i capelli.Sempre, a turno.
Non aveva mai saputo l'effetto di quella medicina tra pelle e pelle.Chissà.
Portò i parenti da Sanja, e poi i suoi compagni, e quelli di lei, e i loro genitori.Nessuno si oppose,in casa.In silenzio avevano tutti scelto che tra follia e sogno andava bene il sogno.
Anche oggi una nebbiolina appesa tra le piante cadeva sul manubrio di quelli che arrivavano, di vicini sempre più da lontano.
Le prime stelle sulla collina sono come lame di diamanti che resistono all'usura dei giorni e dei tanti cuori infranti.Parlerà ancora,un mattino,la vita all'amore di Sanja,rifiorirà come il suo campo la difficile promessa? Assopita su grandi sentieri di nuvole e mare seguirà orme invisibili,un canto nella notte?
Ognuno chiedeva a sè queste cose sfilando davanti a Sanja e carezzandola leggero, e sembrava pensare "Non è forse come lei, un dopo e un non ancora il nostro quotidiano correre e spezzarci, smarrirci e cercare,irritarci con chi s'ama?"
E' che a poco a poco quelle carezze a migliaia erano riuscite a tenere a distanza la guerra.Erano divenute più importanti dei confini calati simili a falci d'acciaio tra villaggi e famiglie.
Erano la risposta senza voce di Sanja alle ferite senza sangue dell'odio e delle paure.Le mani strette a pugno nel freddo, o calcate nelle tasche, uscivano dalla casa cariche di calore da passare, fiotto nelle vene che trapelava discreto agli sguardi,ai movimenti.
Non stava succedendo niente.Nè al corpo fuscello fanciullo di Sanja, nè attorno a lei.Non si vedeva nulla, un tutto immobile, adagio posato alla fine delle giornate,durante quel pellegrinaggio lento come brace di camino.Dolcezza essenziale di ogni vespero.
Ma sarebbe successo,o era già successo:a lei, che sola reggeva il vento che le spirava dentro;a loro sfiniti dai giorni del male e,donando carezze,scolari d'amore,allievi di quel fruscio sfiorato sulla pelle, rumore povero, quasi simile a un niente.
Erano più di cento adesso quelli che volevano attirare Sanja a se stessi nel volo del ritorno,immobili come pietra, liberi come il maestrale, mentre fuori il vento gonfiava i vestiti di infinito.
lunedì 22 gennaio 2007
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento